Un appello ai miei coetanei, per chi avrà voglia di leggerlo

Una cosa semplice, non un trattato giuridico-filosofico, per chi a pochi giorni dal voto non ci ha capito ancora un granché, o non s’è fatto un’idea.

Si fa un gran dibattere della Riforma Costituzionale, e in queste settimane e mesi abbiamo sentito parecchie voci, spesso in contraddizione tra loro, e tante inesattezze al riguardo. Ci tengo a fare un po’ di chiarezza, un mio punto di vista, e a spiegare come vedo il Mondo e come vorrei l’Italia.

Quello del 4 dicembre è un appuntamento importante, in cui ci verrà chiesto di scegliere quale modello di Paese vorremmo per il nostro futuro e per le generazioni a seguire. Non ci viene chiesto quale modifica in più o in meno avremmo fatto alla ‘Costituzione più bella del Mondo’, avremo davanti a noi due scelte: mantenere quanto abbiamo visto finora oppure cambiare alcune parti della Carta fondamentale che riguardano, però, solamente l’assetto organizzativo delle nostre istituzioni.

Semplicemente questo. Nulla di più, sulla carta.

Non è un voto contro o a favore del Governo Renzi, della sua persona, o delle sue politiche, non è un voto di destra o di sinistra, non è un voto sull’immigrazione, sul lavoro, sui problemi sociali. E’ invece un voto sulle regole che vogliamo darci e dare al Paese, e sul come far funzionare le istituzioni. Far funzionare meglio, sta qui il punto, perché se vi è una certezza è che quanto visto fino ad oggi non può averci soddisfatto, per nulla.

63 governi in 70 anni di repubblica è una degenerazione tutta italiana nel modo di intendere la politica: sono cambiati gli interpreti (che poi alla fine sono sempre gli stessi) ma è rimasta costante l’idea che a cambiare non sia mai veramente nulla, le responsabilità non sono mai di nessuno e i risultati, soprattutto, non si vedono. I risultati che sono sotto gli occhi di tutti.

La riforma che andremo a votare non è perfetta, lo sappiamo, e lo sappiamo che non potrà mai esserlo perché non è possibile accontentare tutti e perché – per  definizione – una mediazione tra più parti si discosta dall’ideale della perfezione che ognuno di noi ha in mente.

Questa proposta di riforma però ha il merito di definire alcuni cambiamenti fondamentali, di cui se ne parla da quando abbiamo memoria, tra chi come me è nato tra gli anni ‘80 e ‘90. Ci sarà un’unica Camera che darà la fiducia al Governo (come nella maggior parte delle democrazie occidentali), la seconda Camera (il nuovo Senato – meno numeroso e meno costoso) sarà rappresentativo delle regioni e dei Comuni e non è una perdita di sovranità il fatto di delegare la scelta ai rappresentanti territoriali, visto che non voterà la fiducia e che quei rappresentanti hanno già un mandato popolare; si pongono importanti limiti all’uso dei decreti legge; si da’ maggiore dignità a chi si impegna per partecipare attivamente alla vita civica del Paese garantendo un quorum più basso ai referendum che raccolgono 800mila firme, e l’obbligo della discussione in Parlamento per le proposte di legge popolari che raccolgono 150mila firme (oggi sono solo 50mila, ma il Parlamento non è obbligato a discutere quella proposta, svilendo la partecipazione popolare); verrà riorganizzato il rapporto tra lo Stato e le Regioni ordinarie: oggi moltissime materie sono concorrenti, creando ricorsi e disservizi, non garantendo una programmazione unitaria su temi quali il diritto alla salute, la promozione turistica, le infrastrutture di interesse nazionale. Riportare al centro po’ di queste competenze mi pare un’idea quantomeno sensata, e se poi non funziona – come ora – si cambierà. Rimangono escluse dal riordino le Regioni Speciali, come il mio Fvg, che dovranno però dimostrare di saper gestire bene questa ‘responsabilità’. Altre sono le novità, che possono piacere o meno, ma queste a mio avviso sono le principali e quelle che più qualificano la riforma.

Nessuna deriva autoritaria, nessun governo dei Poteri Forti.

I principi fondamentali della Costituzione rimarranno tali. Non vengono toccati i primi 12 articoli e i diritti e i doveri dei cittadini. La nostra rimarrà una democrazia parlamentare e le garanzie costituzionali saranno garantite dalla Corte Costituzionale e dal Presidente della Repubblica (che è una bugia dire che sarà in mano al partito che vince le elezioni visto che aumenteranno, in proporzione, i numeri richiesti per la sua elezione).

Sono un po’ stufo di sentir dire che il Governo non è eletto dal popolo e che il Parlamento attuale è incostituzionale. La Costituzione e la Corte Costituzionale dicono altro, e chi dice il contrario è poco informato, o in malafede. E non siamo chiamati a scegliere sulla legge elettorale, che in ogni caso non costituisce un “pericolo democratico”. Votando Sì, però, con questo sistema, avremo un’indicazione più chiara di chi vince e di chi governa, e che sarà costretto finalmente a prendersi le proprie responsabilità agli occhi degli elettori.

Il 4 dicembre è una data storica per il nostro Paese. Sono convinto che certe visioni ideologizzate (che non vuol dire abbasso le ideologie e i “pensieri lunghi”, ma abbasso i pensieri vuoti e i luoghi comuni) abbiano bloccato, e lo stanno ancora facendo, l’Italia per troppo tempo, dobbiamo essere in grado di superarle se vogliamo costruirci un futuro. Sappiamo che un’occasione simile non ricapiterà troppo presto. Non l’hanno fatto le generazioni prima di noi, non possiamo aspettare di avere 50 anni noi per avere la prossima opportunità. E soprattutto non è credibile quella politica che ti chiede di votare No per poi dirti che è necessario sedersi attorno a un tavolo per riformare la Costituzione, di nuovo. Lo facciamo per i nostri figli e nipoti. Io, personalmente, non vorrei far perdere loro altro tempo.

Vorrei una democrazia che decide, un Paese moderno, una classe politica che possa prendersi le proprie responsabilità su ciò che dice e sul come lo fa. Sono consapevole che non si risolverà tutto con un semplice Sì, che ci sono altri problemi, che non esiste una soluzione unica a tutte le difficoltà che incontriamo ogni giorno e che la riforma non è perfetta (e l’ho detto all’inizio). Ma partire dalle regole che garantiscono un miglior funzionamento delle Istituzioni è fondamentale. Ed è un buon primo passo.

Mi rivolgo agli indecisi, ai miei coetanei, quelli delusi e stufi di tutto, a chi vorrebbe mandare a casa Renzi e lo potrà fare, con proposte e impegno civico, anche all’interno del Partito Democratico. Non sono e non siete degli sprovveduti. Il futuro è il posto dove passeremo le nostre vite, facciamo in modo che sia accogliente, facciamo in modo che sia nostro e che sia governato bene. Starà a noi impegnarci per migliorare quanto c’è e continuare a salvaguardare i valori fondamentali della nostra Repubblica. Partecipando.

Buon voto a tutti.

Francesco

Referendum: Tar Lazio,ricorso inammissibile


Una lotta impari

Mi è stato chiesto di moderare un dibattito sulla Costituzione, ieri, e devo dire che l’ho fatto molto volentieri, cercando il maggior equilibrio possibile, anche se per forza di cose complicato.
Ho notato una disparità, implicita, di fondo, tra i due relatori nel difendere le proprie posizioni. Da un lato vi era la spiegazione e la difesa di un testo – necessariamente non perfetto, frutto di compromessi e mediazioni, com’è la politica – messo nero su bianco. Dall’altro non una difesa dell’attuale ma un rimando ad altri mondi possibili e a soluzioni certamente migliori, ma non reali, che creano aspettative ancora maggiori nella testa di chi ascolta.

Come si può dialogare sullo stesso piano, come può esserci un confronto equo, tra il reale e il perfetto?